Quando ci capita di rompere un vaso, un piatto o qualcosa di questo genere, per quanto di valore (intrinseco o affettivo), abbiamo la tendenza a raccogliere i cocci e buttarli. Anche se era una cosa a cui tenevamo molto perché magari ricordo di una persona cara…

Esiste però una tecnica giapponese che permette di recuperare questi oggetti dandogli un nuovo valore: si chiama KINTSUGI o kintsukuroi e letteralmente significa riparare (tsugi) con l’oro (kin). Cosa fa? Mette in evidenza le “fratture” unendo i frammenti con oro o argento liquido o lacca con polvere d’oro (ma anche rame) . Con l’utilizzo di metalli preziosi l’oggetto ricomposto acquista un nuovo valore e diventa unico e irripetibile grazie alle venature sempre differenti per la casualità con cui si è rotto precedentemente.
Non solo NON nasconde le rotture, ma le esalta raccontando la storia dell’oggetto in questione e delle sue “cicatrici” creando delle vere e proprie opere d’arti!
Si narra che questa tecnica sia nata intorno al XV secolo, quando Ashikaga Yoshimasa, ottavo shogun dello shogunato Ashikaga, dopo aver rotto la propria tazza di tè preferita tentò la riparazione affidandola ad alcuni artigiani giapponesi. Rimasti sorpresi da questa richiesta decisero di provare a trasformarla in gioiello riempiendo le crepe con resina laccata e polvere d’oro.
In effetti il XV secolo è un periodo molto florido per l’arte giapponese.

Quest’arte ha, naturalmente, implicazioni psicologiche: le brutte esperienze aiutano a diventare una persona unica e preziosa, quindi le ferite vanno valorizzate ed esibite!

CURIOSITA’: ancora oggi, per riparare i pezzi più grandi e pregiati con la tecnica kintsugi, dati i diversi passaggi necessari e il tempo di essiccazione, può occorrere fino a un mese.
(foto dal web)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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